Al Festival Brain At Work una tavola rotonda sull’Apprendistato di Alta Formazione

Brain at Work

Dal 21 al 23 novembre al Centro Congressi Frentani di Roma si è svolto il Festival Brain At Work, una serie di eventi incentrati sul mondo del lavoro, della formazione e dell’orientamento, che ha visto la partecipazione di enti, istituzioni e 85 tra aziende, associazioni no profit e istituti in cerca di talenti e di giovani studenti (laureandi e laureati). 
Durante la tre giorni si è tenuta una tavola rotonda sull’apprendistato di terzo livello dal titolo “L’apprendistato di alta formazione: uno strumento di rilancio per le politiche attive del lavoro?”
L’incontro - coordinato da Maurizio Apicella, Dirigente Innovazione e Inclusione socio-economica di Capitale Lavoro -  società in house della Città metropolitana di Roma Capitale, la quale era presente al festival con un suo stand per offrire informazioni sul progetto Sì, Vale - Sistemi Integrati per l'Apprendistato - ha visto la partecipazione di Unindustria Perform, della Fondazione ITS Istituto Tecnico Superiore per il Marketing e l'Internazionalizzazione d'Impresa, di Intellera Consulting, Anpal Servizi e l’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Roma. È stata un’occasione per mettere sul tavolo tutti quegli elementi che rendono ancora oggi l’apprendistato di Alta Formazione e Ricerca una chimera nel panorama formativo e universitario nazionale. 
Durante l’incontro si è posto l’accento su uno dei principali problemi che riguardano la formazione in apprendistato, ossia il pregiudizio che considera l’azienda come luogo di formazione secondaria. L’apprendistato di terzo livello è uno strumento con grandi potenzialità, tuttavia ancora poco sfruttato. 
Le ragioni, secondo Bruno Scazzocchio di Unindustria Perform sono molteplici, a partire dal fatto che in Italia l’apprendistato è considerato prima di tutto un contratto di lavoro mentre nel resto d’Europa si insiste sulla sua vocazione formativa. Inoltre, il fatto che la certificazione delle competenze sia prerogativa pubblica e scollegata dalle esigenze dell’azienda lo rende ancora meno attrattivo.
Michele Farina dell’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Roma ha sottolineato l’importanza di tre parole chiave nel dibattito nazionale e locale, la cui assenza non consente il corretto inserimento di questo istituto all’interno dell’intero sistema: comunicazione, cultura e tempo.  
Dello stesso avviso è stata Alessia Camba di Intellera Consulting che, fornendo il punto di vista delle aziende, ha evidenziato come l’apprendistato avrebbe necessità di una maggiore connessione tra gli attori del sistema per diventare uno strumento di rilancio. 
Unico spazio in cui l’apprendistato ha, fino a questo momento, trovato una collocazione solida, secondo Claudio Senigagliesi della Fondazione ITS, è all’interno dei percorsi ITS che realizzano ormai da tempo e con successo percorsi duali. La chiave è, a suo avviso, la rete che si costituisce di volta in volta tra azienda, ragazzo e istituzione formativa.
Dunque a emergere con forza sono stati soprattutto due temi: da una parte la mancanza di un’adeguata promozione dell’apprendistato di alta formazione e ricerca, dall’altra la debole connessione tra i attori istituzionali e non, e la loro difficoltà di confrontarsi sul tema. 
Una possibile soluzione è stata individuata da Simonetta Parenti (Anpal Servizi): per incentivarlo occorrerebbe considerare l’apprendistato formativo duale non più una tipologia contrattuale, ma una vera e propria metodologia didattica, parte integrante dei percorsi formativi. 
In questo senso, ha infine sintetizzato Maurizio Apicella (Capitale Lavoro), fondamentale è la sperimentazione a livello metropolitano di un modello che sia il risultato di un processo di partecipazione di tutti gli attori chiave in un sistema di governance multilivello.